Pagina:Opere (Dossi) IV.djvu/88

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coperto di mosche bianche — si ripete al n. 188 (Macdonald Alessandro) e 229 (Landi Guido) e la colonna di mandorlato da cui spùntano, a guisa di furòncoli, innùmeri testoline, appare ai bozzetti 119 (Ignazio Perricci) e 221 (Di Pinto Domenico).

[2] Questo telegrafista di Avigliana Basilicata ha progettato una colonna di stile, dirèbbesi, burocràtico, da illuminarsi elettricamente. L'ingrediente della luce elèttrica fà parte anche di altri progetti, come ad esempio di quello del dottore Depraz (n. 24) che cangerebbe la mole Adriana in un gran faro, di quello del S.r Falcioni (n. 30), e di quello del S.r Auteri Pomar (n. 195) consistente in un mucchio di cùpole e pòrtici con un reggimento di bronzea cavalleria sul tetto ed un angelone. «Cento saranno le colonne — dice l'autore con drammàtica foga — e ogni città scolpirà la sua. Al sòrgere della notte, sulla fronte dell'Angelo splenderà la stella d'Italia...»

[3] Il Sig. Camillo Ferrara, ex-ufficiale in ritiro (bozz. n. 22) vorrebbe, non un monumento di bronzo o di marmo, ma un opificio dove poter impiegare moltissimi lavoranti. Nell'opificio sarebbe poi collocata una fontana coll'erma del Re. L'autore chiama sè stesso (a torto) un matto che non sragiona.

[4] Dal canto suo, il francese dott. Depraz si propone principalmente di lavare gli italiani, e i romani in ispecie. Suggerisce quindi di fabbricare le Terme Vittorio Emanuele intorno alla mole Adriana, cangiando questa in un gran faro elèttrico. Il Depraz osserva, con francese modestia, che tale idèa è superiore a tutti i progetti di marmo che pittori, scultori ed architetti potrebbero presentare. Egli desidera anzitutto «la rigenerazione igiènica del pòpolo

Al signor Depraz e all'altro citato nella precedente nota nùmero 3, sarebbe anche da aggiùngersi il signor Elia Rapetti (bozz. 34) che, in una relazione non scritta male, osserva che il Mausolèo di Adriano o altro consìmile dell'antichità non potrebbe servir di modello pel monumento a Vittorio Emanuele, rappresentando esso la morte scèttica. Il primo Re d'Italia avendo invece fatto una fine cristiana, è necessario, secondo il Rapetti, che il monumento raffiguri una morte munita dai conforti religiosi. Propone quindi l'erezione d'una chiesa, una specie di chiuso cassone lombardesco.

[5] Questi bozzetti rècano rispettivamente i seguenti motti e si presèntano come qui appresso: — (Quella parte di noi che intende e vuole) Arco di trionfo — (Una casa bianca) Tempietto bianco con cùpola di stile àrabo-burlesco — (Artibus ingenuis quaesita est gloria multis). Chiosco da giardino con una stella a vari colori pendente nel mezzo — (Virtus) Pàntheon con tre sediette fuori di prospettiva sul dinanzi — (Rijssens de Lauw) Torre monumentale barocca in mezzo ad un parco