Pagina:Opere (Rapisardi) IV.djvu/32

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28 Il Giobbe

     Più che ricche sostanze e onor di padri
     Un bel sembiante femminil lo adesca;
     Nè il condanno però: sovrano impero
     430Sull’animo bennato ha la bellezza;
     Ma quando in dolci parolette accorte
     E in modi onesti anima impura asconde
     superba o loquace, allor dannoso
     Torna della beltà l’inclito aspetto.
     435Se poi t’avvieni in tal che in belle membra
     Mansueta ed onesta indole accolga,
     Quando pur sia tapina, in due consigli
     Titubar pigro e calcolar non devi:
     Toglila tosto, perocchè pudica
     440Sposa è tesoro che ne manda il cielo,
     Ed è felice ognor chi la possiede.
     Commosso a cotal dir, poi che sì fatta
     La sua bella Sebita egli tenea,
     S’abbandonò fra le paterne braccia
     445Il giovane in quel punto, e: Benedetto,
     Lacrimando dicea, tu mi sollevi
     Dalla mestizia il cor. Tale, mel credi,
     È la fanciulla mia com’or dicesti,
     E s’io deggia da lei viver diviso,
     450Tristi, o padre, saran sempre i miei giorni.
     Motto non fece a tal parlar, ma torse
     Le spalle Oleila, e velò meglio il viso.