Pagina:Opere complete di Galileo Galilei XV.djvu/362

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a richiesta dell'Imperatore Ridolfo Secondo, dicevano:

Altissimum Planetam tergeminum observavi.


Vidde ancora nella faccia del sole alcuna delle macchie, ma per allora non volle publicare quest'altra novità, che poteva tanto più concitargli l'invidia o persecuzione di molti ostinati Peripatetici (conferendola solo ad alcuno de' suoi più confidenti di Padova e di Venezia e di altrove) , per prima assicurarsene con replicate osservazioni, e poter intanto formar concetto della essenza loro e con qualche probabilità almeno pronunciarne la sua oppinione.

L'avviso di tante e non più udite maraviglie, scoperte in cielo dal Sig.r Galileo nella città di Padova, eccitò nelli animi d'ogni nazione veementissimo desiderio di accertarsene col senso stesso. Ma nel Ser.mo D. Cosimo de' Medici non cedé punto a questa comune curiosità la sua regia munificenza, poi che volle con propria lettera de' 10 Luglio 1610 richiamarlo di Padova al suo servizio con titolo di Primario e Sopraordinario Matematico dello Studio di Pisa, senz'obligo di leggervi o risedervi, e di Primario Filosofo e Matematico della sua Ser.ma Altezza, assegnandogli a vita amplissimo stipendio, proporzionato alla somma generosità di un tanto Principe.

Licenziatosi adunque il Sig.r Galileo dal servizio della Ser.ma Republica, verso la fine d'Agosto se ne venne a Firenze, dove da quelle Ser.me Altezze, da' litterati e dalla nobiltà fiorentina, fu accolto et abbracciato con affetti di ammirazione; e subito si diede a far vedere i nuovi lumi e le nuove maraviglie del cielo, con stupore e diletto universalissimo.