Pagina:Opere complete di Galileo Galilei XV.djvu/377

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come pur ad altri era occorso, non già della verità del principio sopra 'l quale è fondata l'intera scienza del moto accelerato, ma della necessità di supporlo come noto; onde io, ricercandolo di più evidenti confermazioni di quel supposto, fui cagione ch'egli nelle vigilie della notte, che allora con gran discapito della vita gli erano familiarissime, ne ritrovò la dimostrazione geometrica, dependente da dottrina da esso pur dimostrata contro ad una conclusione di Pappo (qual si vede nel suo trattato di Meccaniche, stampato dal suddetto P. Mersennio), et a me subito la conferì, sì come ad altri suoi amici ch'eran soliti visitarlo: et alcuni mesi dopo, compiacendosi di tenermi poi di continuo appresso la sua disciplina, per guidarmi, benché cieco come egli era di corpo, d'intelletto però lucidissimo, per il sentiero di quelli studii ch'egli intendeva ch'io proseguisse, imposemi ch'io facesse il disteso di quel teorema, per la difficoltà che gli arrecava la sua cecità nell'esplicarsi dove occorreva usar figure e caratteri; e di questo ne mandò più copie per l'Italia et in Francia alli amici suoi. Per una simil occasione di dubitare mi aveva ancora esplicato una sua considerazione o dimostrazione sopra la 5a e 7a definizione del quinto libro d'Euclide, dettandola a me dopo in dialogo per inserirla in detto suo libro appresso la prima proposizione del moto equabile, quando si fosse ristampato; et è quell'istessa dimostrazione che, a richiesta di V. A. S., fu poi distesa dal Sig.r Evangelista Torricelli, che l'aveva sentita dal medesimo Sig.r Galileo.

Negli 11 di Marzo del 1639 avendo V. A. S. con filosofica curiosità ricercato per lettera il Sig.r Galileo del parer suo circa il libro De lapide Bononiensi del filosofo Liceti, e particolarmente sopra la dottrina del capitolo 50, dove l'autore oppone alla di lui oppinione sopra il candore o luce secondaria della luna, risposele tra pochi giorni, come