Pagina:Opere complete di Galileo Galilei XV.djvu/387

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e prima nell'estate del 1605, il Ser.mo D. Cosimo, allora Principe di Toscana, volle pur sentire l'esplicazione del suo Compasso, continuando poi il Sig.r Galileo per molti anni in quella stagione ad instruire nelle matematiche il medesimo Serenissimo, mentre già era Gran Duca, e con l'Altezza Sua gl'altri Ser.mi Principi D. Francesco e D. Lorenzo.

Tra i professori di matematica suoi discepoli, ne usciron cinque famosi lettori publici di Roma, Pisa e Bologna . A questi soleva dire ch'eglino con maggior ragione dovevano render grazie a Dio et alla natura, che gl'avesse dotati d'un privilegio sol conceduto a quei della lor professione, che era di potere con sicurezza giudicar del talento et abilità di quelli uomini i quali, applicati alla geometria, si facevano loro uditori; poi che la pietra lavagna, sopra la quale si disegnano le figure geometriche, era la pietra del paragone delli ingegni, e quelli che non riuscivano a tal cimento si potevano licenziare non solo come inetti al filosofare, ma com'inabili ancora a qualunque maneggio o esercizio nella vita civile.

Quanto queste virtuose doti et eminenti prerogative, ch'in eccesso risplenderono nel Sig.r Galileo, fossero in ogni tempo conosciute et ammirate dal mondo con evidenti dimostrazioni di stima, scorgesi dalli amplissimi onori di richieste