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SESTINE


AD UN FRATE


CATTIVO SUONATORE D’ORGANO


     Secondo San Matteo nel suo Vangelo:
Quando il prossimo tuo non ara dritto,
Da buon fratel, con carità, con zelo
Ammoniscilo ben del suo delitto,
Non in pubblico già, ma a tu per tu,
6Acciò si emendi, e non lo faccia più.
     Ond’io far deggio a Vostra Reverenza
Una fraterna e pia correzïone,
E d’esserne tenuto in coscienza
Credo con giusta e ferma opinïone,
Acciocchè in guisa tal vi correggiate,
12S’esser può mai che si corregga un frate.
     E or che siam soli, e che nessun ci sente
Prendete in buona parte il zelo mio,
Poichè lo fo caritatevolmente;
Che, grazie al Ciel, non come quei son’io
Che tuttor fan con voi l’amico e il bello
18E dietro poi vi tagliano il mantello.
     Voi siete un buon vivente, un buon amico,
Siete un buon religioso ed esemplare,
Dica chi vuol non me ne importa un fico.
Io voglio chi lo merita lodare,
Siete un uom di buon cuor, d’ottima pasta,
24Ma solamente l’organo vi guasta.
     Chè vi si è fitta in testa un insolente
Idea, che quasi si può dir pazzia,
Poichè voi vi credete bravamente
Suonar l’organo al par di chicchessia;
Ma troppo iniquamente, a dire il vero,
30Strapazzate l’organico mestiero.
     Nel mestier della musica voi siete
Un pezzo solennissimo di trave,
Giacchè, poffareddio ! non distinguete
La sestupla, la tripola, la chiave,

Il be-molle, il dïesis, il be-quadro:
36Oh che brutto suonar! che suonar ladro!
     Impicciate il bemmì, coll’effautte,
Ed il delasolrè coll’elafà,
Fate certe cadenze così brutte,
Che cartiera o frullon miglior le fa;
Sbagliate i tempi, confondete i tuoni,
42Nota non accoppiate, che non stuoni.
     Non una voce all’altra corrisponde,
Non consonanza armonica si sente,
Ma dissonanti settime, e seconde
Confuse stridon impetuosamente;
Calate giù le man sconce e malfatte,
48Bussate sopra, e dove batte batte.
     Fate un rumor quando toccate i bassi,
Che par mandra di pecore e di becchi,
Che dall’erboso piano al monte passi,
E d’ingrato sconcerto empia gli orecchi,
E per render maggior confusïone
54Vi si aggiunga il campano del montone.
     Sembran gli acuti poi tanti porchetti,
Allorchè il castrator fa lor la festa,
Che metton certi stridi maledetti,
Che assordano ed intronano la testa,
Sentendosi straziar dalle coltelle,
60E tirar fuori certe bagattelle.
     Con un impeto tal fate su’ tasti
Cadere a piombo la pesante mano
Che molle e ferri ne son rotti e guasti,
E al rumor che se n’ode da lontano
Sembran nacchere, o sugli intavolati,
66Tacchi di legno e zoccoli di frati.
     Resto a tai chiasso sbalordito a segno
Che talor penso vi bussiate sopra