Pagina:Opere di Giovan-Batista Gelli.djvu/56

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lor mala elezione, vivon tutti intenti e occupati ne le cose del mondo, tenendo sempre fissi gli occhi in questi obbietti sensibili, senza mai punto levargli al cielo, la sorte loro è poco migliore di quella de le fiere, anzi diventano quasi simili a gli altri animali che mancano al tutto de la ragione. E che, quando espeditisi il più che posson da quelle, ritornano a le lor vere e proprie operazioni, e innalzandosi da le cose basse e terrene a le alte e divine, diventano (condotti alla vera perfezione loro) simili a quei bene avventurati spiriti, che fuor di questo mondo corruttibile vivon ne la contemplazion le cose divine felicissima e beatissima la vita loro.

Questo è quello che io ho cerco, Illustrissimo ed Eccellentissimo Principe, per giovare il più che io possa a gli altri, come è proprio e vero officio de l’uomo, seguendo l’orme del dottissimo Plutarco, dimostrare il meglio che io ho saputo in questi miei presenti Dialoghi. E perchè così come gli uomini sono naturalmente obligati di rendere onore a Iddio non solamente con l’animo e con le parole, ma con qualche segno esteriore, offerendogli de le più care e più preziose cose che egli hanno, così ancora debbono in quel modo che e’ sanno e posson migliore, onorare sempre i loro Principi, per esser quegli, come disse il medesimo Plutarco, i veri simulacri e le vere immagini d’ Iddio; conciossiacosachè e’ tenghino quel grado negli stati loro, che tiene Iddio optimo e grandissimo nello universo: io, e per natura e per elezione servidor di vostra Eccellenza Illustrissima, conoscendo quanto, e naturalmente e per i benefizj ricevuti da Quella, son tenuto di onorarla sempre, e desiderando, non potendo farlo in quel modo che io vorrei, di mostrarle almanco la prontezza de l’animo mio, ho preso ardire di presentarle queste, tali quali elle si sieno, piccole fatiche mie, pregando umilmente Quella, che, cosi come ancora esso Iddio, per grandissimo che egli sia, non isprezza mai