Pagina:Opere di Luciano voltate in italiano da Luigi Settembrini - Tomo 1.djvu/110

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102 intorno la vita e le opere di luciano.

cetto non è suo, la forma non è corretta, la espressione non è di quella schiettezza e limpidezza che piace tanto nelle altre sue opere: onde a ragione si può dubitare se il Nigrino sia suo. Nondimeno se questo dialogo non ci rivela l’ingegno e l’arte di Luciano, dimostra, come lavoro d’un Greco, in che cosa i Greci si sentivano superiori ai Romani, e come cercavano sempre di foro più spiccare questa loro superiorità nel sapere e nel costume.

LX. Per le ragioni medesime il Cinico non è a tenere genuino. Si dipinge in questo dialogo l’immagine di un cinico perfetto, e si vorrebbe far vedere come questa è l’immagine vera dell’uomo e del savio. Taluno crede che sia una satira indiretta dei Cinici del tempo, ai quali si contrappone questo tipo; ma le vie indirette non piacevano a Luciano, franco ed impavido motteggiatore, massime dei Cinici che egli morde senza pietà nè riguardi. E qui i Cinici non sono nominati nè ripresi affatto, ma sono personificati tutti quanti in uno; il quale tipo non è nè bello, nè savio, nè umano, e non poteva entrare nella mente di un valente artista. Egli è vero che Luciano prese quel suo tipo del Menippo dai Cinici, e messe un Cinico a disputare con Giove e confutarlo: ma quel tipo lucianesco, era spoglio della presunzione, arroganza e sfacciatezza cinica, era simbolo del senno popolare acuto, pronto, schietto, gaio, ridente, diverso da questo interamente; era tipo non di filosofo, ma di uomo, non declamatore, ma motteggiatore; e messe un Cinico a petto di Giove per mostrare che a confutare e bollare il massimo iddio, bastava il senno più volgare. A me pare adunque che questa scrittura non sia affatto una satira, ma una presuntuosa e rabbuffata declamazione, senza verità, senz’arte, certamente non di Luciano, forse di qualche fanatico settatore.