Pagina:Opere di Luciano voltate in italiano da Luigi Settembrini - Tomo 1.djvu/111

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intorno la vita e le opere di luciano. 103

LXI. L’Alcione è un dialoghetto di semplice e puro dettato. Cherefonte passeggiando con Socrate lungo il lido del mare, ode la voce dell’alcione, che non aveva mai udita. Socrate gli racconta la favola di quella fanciulla che piangeva l’amante perduto, e lo andava cercando per terra e per mare, e gli Dei per pietà la mutarono in alcione. Ma come mai si può credere agli antichi, dice Cherefonte, che alcune donne furono mutate in uccelli? questo pare sia impossibile. E Socrate risponde: gli uomini non conoscono quale cosa è possibile, e quale impossibile; e male misurano dalla forza loro quella degl’iddii: non pareva meno incredibile dopo gran tempesta di giorni fa, dovesse venire questo sereno e questa calma; non pare meno impossibile che da un verme nasca l’ape, e dalle uova inanimate nascano tante specie di animali: Noi non sappiamo nulla di certo, e nulla possiamo affermare. Or qui non vi pare che Cherefonte sia più savio di Socrate, il quale con quel suo sapere di non saper nulla ammette la possibilità delle trasformazioni? Il Weise dice: Hic dìalogus nec est Luciani, nec Platonis, ut quidam opinabantur, sed Leonis Academici, at non indignus qui inter opera Luciani locum habeat. Per il dettato sì, può stare tra le opere di Luciano, ma pel concetto no, che è ben meschino.

LXII. Bello argomento e stile modesto si vede nel Tossari. Un Greco ed uno Scita ragionano dell’amicizia, e ciascuno sostiene che la sua nazione valga più dell’altra in questo nobile sentimento. Lo Scita propone di finire la gara raccontando ciascuno pochi esempi di amicizia, non antichi nè mezzo favolosi, ma moderni e veri. Il Greco accetta la disfida, e narra cinque fatti di amici greci, ed altri cinque ne narra lo Scita. Con molto accorgimento non si giudica quali sieno i più belli, perchè ogni popolo è capace di questo sentimento, che varia