Pagina:Opere di Luciano voltate in italiano da Luigi Settembrini - Tomo 1.djvu/122

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114 intorno la vita e le opere di luciano.

dei platonici, e dei peripatetici, erano state fondate o ristorate da Marco Aurelio, che a ciascuna aveva assegnato un maestro con ben grossa provvisione. Immaginate un po’ in mezzo a tutta quella sapientaglia Luciano con quel suo ingegno che gli aveva dato tanta fama nell’eloquenza, con quel buon senso che gli aveva fatto spregiare le vanità della rettorica, un arguto motteggiatore che non credeva a nulla, si sentiva superiore agli altri, e rideva degli uomini, che cosa doveva sentire, e che doveva dire? Naturalmente gli veniva detto: E questa è la sapienza? questa bindoleria e queste chiacchiere? E costoro sono gli amici della verità e della virtù, costoro che sono pieni di tutti i vizi, e che offendono in tutti i modi la ragione umana ed il senso comune? A che dunque è buona questa gente? Perchè Marco Aurelio li paga? Oh, se egli avesse miglior giudizio.... Ed ecco il concetto di un dialogo, ecco questo miglior giudizio personificato in Giove, che non paga ma vende come schiavi inutili e molesti proprio i capocci della filosofia. Così Luciano entrando in un mondo ideale, ivi dipinge per riflessione il mondo reale che gli sta intorno; anzi, confondendo insieme l’uno e l’altro, forma un’immagine, la quale, come tutte le creazioni artistiche, non è puramente ideale nè puramente reale, e pare contraddittoria a chi non considera bene le ragioni dell’arte. Tale è l’immagine dei filosofi nella Vendita, i quali non sono Pitagora, Diogene, Socrate, Crisippo interamente e veramente quali essi furono, ma sono nella parte che essi ebbero debole e ridicola e comune coi filosofanti posteriori: non è l’immagine compiuta dei capiscuola, nè l’immagine compiuta dei degenerati discepoli, perchè questa non sarebbe stata artistica come priva di bellezza, quella non sarebbe stata efficace perchè priva di somiglianza. È una