Pagina:Opere di Luciano voltate in italiano da Luigi Settembrini - Tomo 1.djvu/166

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158 intorno la vita e le opere di luciano.

perte tutte le scritture mediocri che offendevano la religione ed il costume.

XCI. Lo stesso è a dire per gli Amori, scrittura di sozza oscenità, e di stile contrario a quello dell’Asino, piena di concetti lambiccati, di locuzioni strane, di parole studiate e ricercate col fuscelli no. Luciano che non rifinisce mai di riprendere il mal postume, massime nei filosofi, avrebbe egli fatto uno scritto nel quale si vuole giustificare un sozzissimo costume? Era egli uomo libero e piacevole, secondo greco, ma amava troppo l’arte, e non l’avria prostituita a tanta bruttura. Lo stile scuro, intralciato, e torto pare che sia un’espressione della coscienza dello scrittore, il quale sentiva di fare opera poco onesta, e però nel farla procede con quella peritanza che suole sempre essere in chi si mette ad una turpitudine. Ci vedi una certa ipocrisia sino nelle parole, la quale in ultimo si svela, e la maschera cade. Io non credo affatto che questo dialogo sia di Luciano, e non voglio più dirne.

Mimi.

XCII. Sebbene le quattro raccolte dei dialoghetti, che a me piace di chiamare Mimi, potevano essere esaminate con gli altri dialoghi, secondo ciascuno argomento, la religione, o l’arte, o la filosofia, o il costume; pure m’è sembrato meglio ragionare di tutti insieme.

I Dialoghi degli Dei deridono la sciocchezza e la turpezza delle credenze religiose serbate nelle tradizioni e nei poeti: i personaggi sono tutti iddii, esseri fantastici che soli popolano il mondo soprannaturale. Creati dall’uomo, hanno tutte le sue passioni, i suoi vizi, e talvolta sono peggiori di lui. Giove, tenuto massimo senno, non ne ha dramma: non sa quel che fa, e viene