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V.

TIMONE,

o

IL MISANTROPO.



Timone, Giove, Mercurio, Pluto, la Povertà, Gnatonide, Filiade, Demea, Trasielete.



Timone. O Giove, signore dell’amistà, e protettor dello straniero, e re dei banchetti, e ospitale, e fulminatore, e vendicator dei giuri, e adunator di nembi, e tonante, e come altro ti chiamano gli intronati poeti, massime quando intoppano a compiere il verso, e tu allora, con uno de’ tanti nomi che prendi, puntelli il verso cadente e ne riempi la vuota armonia; dove stanno gli accesi lampi, i fragorosi tuoni, e l’ardente, la rovente, la terribile folgore? Già tutti sanno che le son vecchie ciance, fumo poetico, vuoto rumor di parole. Quel tuo fulmine sì celebre, che colpiva sì lontano, e che avevi sempre tra le mani, non so come, s’è spento; è freddo, e non serba neppure una favilluzza di sdegno contro i ribaldi. Uno di questi spergiuratori temerebbe più il moccolo d’una lucerna mattutina, che la fiamma di cotesta folgore domatrice dell’universo: e pare che tu brandisca un tizzone che nè per fuoco nè per fumo fa paura, e se colpisce, copre soltanto di fuliggine. Però anche Salmoneo1 ardì di contraffarti il tuono.

  1. Salmoneo. Dicono che costui fu figliuolo di Eolo, e re di Belvedere. Venuto in grande superbia, e volendo farsi tenere un dio, fece fabbricare un ponte di bronzo tanto alto che passava sopra la città, e andandovi sopra con la carretta,e gettando in giù facelle accese, imitava così Giove che tuona e che fulmina. Dicono ancora che tanta superbia fu punita, e che Salmoneo fu fulminato davvero da Giove.