Pagina:Opere di Luciano voltate in italiano da Luigi Settembrini - Tomo 1.djvu/209

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timone. 201

e non ebbe torto in tutto a farsi tenere uomo di focoso ardimento contro un Giove così freddo alla vendetta. E come no? Tu dormi come se avessi presa la mandragora: intanto si spergiura, e tu non odi: si fanno scelleraggini, e tu non le vedi: povero moccicone, sei cieco, sordo, e imbarbogito. Una volta, quand’eri giovane, la non andava così, che subito ti montava la mosca, e facevi maraviglie contro i furfanti ed i violenti; non davi loro mai posa; la folgore non stava mai inoperosa, l’egida sempre agitata, il tuono muggiva, spessissimi lampi precedevano le saette, la terra sossopra come un crivello, la neve a gran fiocchi, la gragnuola come sassi, e per dirtela più grossa, rovesci di pioggia veementissima, ogni gocciola un fiume. Onde in un attimo venne quel sì gran nabisso ai tempi di Deucalione, che tutto andò sommerso nelle acque: e ne scampò sola una barchetta approdata sul monte Licoride, nella quale fu serbata la semenza di questa razza umana, che doveva rigerminare più scellerata della prima. Or ti se’ fatto poltrone, e ben ti sta che nessuno t’offre più sacrifizi nè corone, se non rare volte in Olimpia qualcuno a caso, e lo fa, non per adempiere un dovere, ma per pagare un tributo ad una vecchia usanza; e fra breve ti spodesteranno in tutto, e ti manderan con Saturno. Lascio stare quante volte t’hanno spogliato il tempio; ma a farti metter le mani addosso in Olimpia! Tu che fai tanto rumore lassù, te ne stavi zitto come un vigliacco, non destaro i cani, non chiamare i vicini, che sarien corsi al rumore, e avrien presi i ladri che fuggivano coi fardelli in collo. O valoroso sterminator dei giganti, o domator di Titani, come te ne stesti lì a lasciarti tosare dai malandrini, e avevi in mano una folgore di dieci cubiti? Sciagurato che sei, gittaci un’occhiata su questa terra: quando ci avrai un po’ di cura? quando punirai tante scelleratezze? Quanti Fetonti e Deucalioni ci vorrebbero per questa soverchiante piena di umane, malvagità!

Ma lasciamo i generali, e veniamo al fatto mio. Quanti Ateniesi io ho sollevati, e di poverissimi li ho fatti ricchi! Ho soccorso tutti gl’indigenti, ho profuso tutta la mia ricchezza per beneficare gli amici miei: ed ora che io per questo son divenuto povero, ora non mi conoscono più, non mi guardano