Pagina:Opere di Luciano voltate in italiano da Luigi Settembrini - Tomo 1.djvu/210

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202 timone.

più in viso quest’ingrati, che poco fa tutti raumiliati mi riverivano, mi baciavan le mani, pendevano da un cenno mio. Se per via ne incontro alcuni, ei trapassano, come si fa presso un’alta colonna di antico sepolcro rovesciata dal tempo, che neppur si legge il nome che v’è scritto. Se m’adocchian da lungi, voltano strada, per non riguardare uno spettacolo spiacente e di tristo augurio; e l’altrieri io era loro salvatore e benefattore. Or poichè la mia sventura mi ha condotto a questo estremo, io con questo pelliccione indosso lavoro la terra per guadagnarmi quattro oboli, e in questa solitudine vo filosofando io e la zappa. Almeno parmi di averci un bene, che non vedo più tanti che godono e non lo meritano: ed io non mi addoloro. Orsù, o figliuolo di Saturno e di Rea, risvegliati una volta da cotesto sonno profondo, che hai dormito più di Epimenide,1 desta la folgore, raccendila sull’Oeta, brucia mezzo mondo, mostra una furia degna di Giove giovane e gagliardo; se no, è vero quello che i Cretesi contano di te e della tua tomba.2

Giove. Chi è colui, o Mercurio, che ha gridato così dall’Attica, presso l’Imetto, laggiù in quella valle, ed è tutto lordo, e squallido, e impellicciato? Sta curvo, e parmi che zappi. Sfringuella bene ed ardito. Certo è un filosofo, che nessuno ardirla parlar sì empiamente di noi.

Mercurio. Che dici, o padre? Non riconosci Timone di Echecratide, quel di Colitta? Questi è colui che tante volte ci ha offerte le migliori vittime, le ecatombe intere, quel gran riccone, in casa di cui con tanta magnificenza celebravamo le tue feste.

Giove. Come è mutato! quel bello, quel ricco, con tanti amici attorno? E come è ridotto così povero e sparuto? Per campare cava la terra, e mena una zappa tanto pesante!

  1. Narrasi che un Epimenide dal padre Agisarco mandato a custodire il bestiame, dormì in una grotta settantacinque anni. Onde presso i Greci n’andò in proverbio dormire più di Epimenide.
  2. In Creta era la tomba di Minosse con questa iscrizione: Μίνωος τοῦ Διὸς τάφος. Scancellata la prima parola per ingiuria del tempo, restarono le altre; e la tomba di Minosse fu additata come tomba di Giove. V. lo scoliaste di Callimaco, al verso 8 del primo inno.