Pagina:Opere di Luciano voltate in italiano da Luigi Settembrini - Tomo 1.djvu/239

Da Wikisource.

Dialoghi degli dei. 231


Prometeo. Non mescolarti affatto con la Nereide, o Giove. Chè se ella concepirà di te, il figliuolo che nascerà farà a te quel tu facesti a Saturno.

Giove. Vuoi dire, che mi torrà la signoria?

Prometeo. Non sia mai; o Giove. Ma se ti mescoli con lei, questo pericolo ti minaccia.

Giove. Dunque Teti si stia pe’ fatti suoi. Per questo che mi hai detto, Vulcano ti sciolga.



2.

Amore e Giove.


Amore. Se ho errato in qualche cosa, o Giove, perdonami, che i’ sono ancora un fanciullo e senza giudizio.

Giove. Tu fanciullo, o Amore, che sei più antico assai di Giapeto? Forse perchè non hai barba e capelli bianchi, però vuoi passare per bimbo, vecchio e malizioso che sei?

Amore. E che grande offesa t’ha fatto questo vecchio, come tu di’, che vuoi incatenarmi?

Giove. Vedi, o furfante, se è piccola offesa: ti fai giuoco di me, non c’è cosa che non mi hai fatto divenire, satiro, toro, cigno, oro, aquila: di me non hai fatto innamorar mai alcuna, non mi sono mai accorto di piacere a nessuna donna: ma mi è forza usare astuzie con esse, e nascondermi: ed esse amano il toro o il cigno, ma se vedesser me, morrebbono di paura.

Amore. Con ragione: chè elle sono mortali, e non sostengono la tua vista.

Giove. E come va che Apollo è amato da Branco e da Jacinto?

Amore. Ma Dafne lo fuggiva, quantunque bel giovane, con bella chioma, e sbarbatello. Se vuoi essere amato non iscuoter l’egida, non portare la folgore, acconciati il viso più dolce che puoi, fa di parer delicato e leggiadro; spártiti in su la fronte i ricciuti capelli, e su ponvi la mitra, vèstiti di