Pagina:Opere di Luciano voltate in italiano da Luigi Settembrini - Tomo 1.djvu/325

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dialoghi dei morti. 317

lo tocchi con la verga, e lo rifaccia bel giovane come era quando entrava nel talamo.

Plutone. Giacchè così piace anche a Proserpina, sia costui rimenato su, e rifatto sposo novello. Ma ve’, ricòrdati, non più di un sol giorno.


24.

Diogene e Mausolo.


Diogene. O quanta boria! E su che la fondi, o Cario, che vuoi essere onorato da tutti noi?

Mausolo. Sul regno, o Sinopeo; io fui re di tutta la Caria, signoreggiai gran parte della Lidia, sottomisi molte isole, e soggiogai molti paesi della Jonia sino a Mileto: ero bello, aitante della persona, prode in guerra: e, quel che più è, in Alicarnasso ho sopra di me un sepolcro grandissimo, e tale che nessun morto ha il simile per bellezza, ornato di maravigliose statue di cavalli e di uomini, fatto di bellissimi marmi; sì che neppure un tempio si troveria sì magnifico. Non ti pare che sia ben fondata la mia boria?

Diogene. Cioè sul regno, su la bellezza, e su la pesantezza del sepolcro?

Mausolo. Su questo, sì per Giove.

Diogene. Ma, o bel Mausolo, quella tua vigoria e quella tua leggiadria or non l’hai più. Se scegliamo un giudice tra la bellezza tua e la mia, io non so perchè dovrebbe lodare il teschio tuo più del mio: gli abbiam calvi entrambi, e spolpati: entrambi abbiamo i denti digrignati a un modo, e le occhiaie vuote, e il naso scavato. Quel sepolcro e quei marmi preziosi forse giovano agli Alicarnassii, i quali ne fan mostra ai forestieri, e si pregiano di possedere un gran monumento: ma tu, io non vedo tu che ne godi: se pur tu non dici questo, che più di noi tieni un gran peso addosso e sei schiacciato da tante pietre.