Pagina:Opere di Luciano voltate in italiano da Luigi Settembrini - Tomo 1.djvu/327

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dialoghi dei morti. 319


Menippo. Mi conti sogni: io vedo quel che sei ora: quel d’allora lo sanno quelli.

Nireo. Ed io ora non sono il più bello, o Menippo?

Menippo. Nè tu, nè altri è bello: l’Orco agguaglia tutti, fa tutti simili.

Tersite. A me questo mi basta.


26.

Menippo e Chirone.


Menippo. M’han detto che tu, o Chirone, tutto che Dio, hai voluto morire.

Chirone. T’han detto il vero, o Menippo: e son morto, come vedi, potendo essere immortale.

Menippo. E che bene trovasti nella morte, nella quale molti trovano tanto male?

Chirone. Lo dico a te che non sei sciocco. Io non aveva più piacere a godere dell’immortalità.

Menippo. Non avevi piacere a vivere e veder la luce?

Chirone. No, o Menippo. Per me il piacere sta nel vario e nel diverso: io vivevo e godevo sempre delle stesse cose, del sole, della luce, del cibo; le ore, i giorni, le stagioni, tutte le cose l’una dopo l’altra con lo stesso ordine e modo. Infine ne fui stucco: perchè il piacere stava non nell’aver sempre lo stesso, ma nel variare.

Menippo. Dici bene, o Chirone: ma, e come ti trovi ora nell’inferno, dove hai preferito di venire?

Chirone. Non male, o Menippo: qui è uguaglianza perfetta, e non c’è differenza tra lo star nella luce, o nel buio. E poi non c’è bisogno nè di mangiare nè di bere, come lassù, e siam liberi di tutte queste noie.

Menippo. Ma vedi, o Chirone, che tu ti contraddici, e le tue parole stanno contro di te.

Chirone. E come?

Menippo. Se tu t’annoiasti della vita perchè c’era sempre