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XXVII.

IL TIRANNICIDA,1


ARGOMENTO.


Uno monta su la rocca per uccidere il tiranno, non lo trova: invece uccide il figliuolo, e gli lascia la spada nel corpo: viene il tiranno, e veduto il figliuolo già morto, con la stessa spada si uccide. Quegli che andò ed uccise il figliuolo del tiranno, dimanda il premio come tirannicida.


Due tiranni ho ucciso in un sol giorno, o giudici, l’uno già provetto, l’altro nel fior degli anni e, succedendogli, più pronto ad opprimerci, e per ambedue vengo a chiedervi un premio; che io solo, tra quanti mai furono tirannicidi, d’un sol colpo ho spacciati due ribaldi; ho ucciso il figliuolo di spada, il padre di crepacuore. Il tiranno ha avuto bastante pena di ciò che ei fece: vivo ancora ha veduto il figliuolo morto; e sul morire è stato costretto maravigliosamente a divenire tirannicida di sè stesso. Il figliuol suo, che perì di mia mano, m’è servito anche morto, come strumento per uccidere un altro: vivo fu compagno delle ribalderie del padre; morto fece l’ultima che potè, divenne parricida. Quegli adunque che spense la tirannide son io, e la spada che tutto operò fu mia: solamente mutai l’ordine, e trovai nuovo modo di finir quei malvagi: il più forte, e che poteva far difesa, lo spensi io: il vecchio lasciai alla sola spada. Ed io che mi pensavo di averne maggior merito da voi, di ricevere per due morti due premi, come colui che vi ho liberati non pure dai mali presenti, ma dal timor dei futuri, e v’ho data salda libertà, non facendo rimanere

  1. Il Tirannicida, il Diredato, e i due Falaridi, sono quattro declamazioni scolastiche, piene di leziosaggini, concettini, lambiccatura di pensieri, svenevolezza di stile. Le traduco solo perchè mi sono proposto di tradurre tutte le opere di Luciano, o a lui attribuite.