Pagina:Opere di Luciano voltate in italiano da Luigi Settembrini - Tomo 2.djvu/130

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122 il tirannicida.

erede della mala signoria, io intanto corro pericolo, dopo sì bel fatto, di non avere alcun premio da voi, di rimanere io solo senza compenso dalle leggi, che io salvai. Questo mio avversario adopera così non per amore del pubblico bene, come egli dice, ma perchè si addolora su gli uccisi, e vorria far vendetta di chi ne ha cagionato la morte.

Ma permettete, o giudici, che io discorra alquanto con voi, benchè voi li sappiate, di tutti i mali della tirannide; che così voi conoscerete la grandezza del mio benefizio, e più vi rallegrerete ripensando donde scampaste. Noi non sostenemmo, come già accadde ad altri, una sola tirannide, una sola servitù, nè sopportammo i capricci d’un solo padrone; ma tra quanti al mondo patirono tale sventura, noi avevam sul collo due tiranni, e da doppia maniera di oltraggi eravam straziati. Molto più moderato era il vecchio, e più placabile nell’ira, e più mite nei castighi, e più rimesso nei capricci, che l’età ne ratteneva la foga, e ne frenava gli appetiti disordinati. Anzi dicevasi che cominciò l’oppressura spintovi dal figliuolo, non di sua voglia: che d’indole ei non era tiranno, ma cieco per quel figliuolo, lo amava di troppo, come infatti dimostrò, lo secondava in tutto, faceva il male che quei voleva, puniva coloro che quegli indicava, gli obbediva in ogni cosa: insomma era tiranneggiato da lui, e ubbidiva a tutti i capricci del figliuolo. Il giovane poi per rispetto dell’età gli cedeva in onore, e si asteneva dal solo nome di principe; ma egli era il tutto e l’anima della tirannide; egli ne assodò ed assicurò la potenza; ed egli solo godeva il frutto delle ingiustizie. Egli era quello che s’accerchiava di satelliti, che comandava le guardie, che vessava i sudditi, che spauriva chi levasse il capo: egli lo storpiatore dei garzoni, l’insultator delle nozze, il rapitor delle vergini: le uccisioni, i bandi, le confische, i tormenti, gli oltraggi, tutto era opera sua. Il vecchio lo secondava, gli dava mano, e non faceva che lodarne le scelleratezze. Sicchè lo stato nostro era divenuto insopportabile: che quando mal volere s’aggiunge a gran potere trapassa tutti i termini delle ribalderie. Più di tutto ci cuoceva il sapere che la nostra servitù saria stata lunga, anzi eterna; che la città saria come per successione passata da un padrone ad un altro peggiore,