Pagina:Opere di Luciano voltate in italiano da Luigi Settembrini - Tomo 2.djvu/142

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134 il diredato.

spodestata. Vedete come si fa negli altri giudizi: quando i giudici sono cavati a sorte, se uno crede ingiusta la loro sentenza, la legge si gli concede appellare ad un altro tribunale; ma quando le parti scelgono gli arbitri per averne il lodo, allora no; perchè da principio potevi volerli e non volerli; l’hai scelti da te; ora è forza star contento al loro giudicato. Così anche tu potevi non raccettare colui che credevi indegno della tua famiglia: l’hai creduto buono, e l’hai raccettato: ora non puoi più diredarlo. E che egli non meriti di avere un’altra volta questo affronto, tu stesso lo hai attestato, ed hai confessato che egli era buono. Irretrattabile adunque dev’essere la raccettazione, salda rimanere la riconciliazione dopo un tanto giudizio, e due tribunali, che l’uno fu quel primo dal quale ottenesti di scacciarmi, e l’altro fu la tua coscienza nella quale mutasti consiglio, e revocasti quel giudicato: avendo annullato quel primo, aggiungi autorità al partito che hai preso dipoi. Rimanti dunque a quest’ultimo, e statti al giudizio tuo: Sii padre: tu così volesti, così ti persuadesti, così stabilisti. Se io non ti fossi figliuolo per natura, ma per adozione, e tu volessi diredarmi, io crederei che neppure potresti: dappoichè ciò che da prima si poteva non fare, quando è fatto è ingiustizia disfarlo. Or chi ti è figliuolo per natura, e tu per tua scelta e tuo giudizio l’hai adottato, come sarebbe mai ragionevole discacciarlo, e privarlo più volte dell’unico diritto di famiglia? Se io fossi servo, e tu da prima credendomi cattivo, mi legassi; dipoi, persuadendoti che non ho fatto male mi lasciassi libero, potresti, se ti saltasse la mosca, tornarmi in servitù? No: che la legge vuole questi atti essere fermi e rati per sempre. Adunque intorno al potere che costui non ha più di diredarmi, avendomi già diredato e poi spontaneamente raccettato, avrei molte altre cose a dire, pure le lascio.

Considerate ora chi son io, cui egli direda. Non dico già che allora ero ignorante, ed ora son medico, che in questo l’arte non giova a niente; nè che allora ero giovane, ed ora sono provetto, e nell’età ho la presunzione di non aver fatto male, che forse anche questo è poco. Allora egli benchè niente offeso da me, come io sostengo, ma neppure beneficato, mi scacciò di casa; ed ora che io sono stato suo