Pagina:Opere di Luciano voltate in italiano da Luigi Settembrini - Tomo 2.djvu/266

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scultori e dei pittori, ma dei filosofi ancora, perchè il ritratto corrisponda alle loro regole, e sia perfetto secondo l’arte antica. Ora via facciamolo. E primamente un parlar chiaro, armonioso, e più dolce del mele scorre dal labbro di costei più che del vecchio di Pilo, come direbbe Omero. Il tuono della voce morbidissimo, non grave che si accosti al virile, nè troppo sottile che paia del tutto femineo e languido, ma come saria quello d’un fanciullo non ancora pubere, soave e carezzevole, entra dolcemente nell’orecchio, per modo che anche quando la parola cessa, rimane la voce e s’aggira nell’orecchio, come un’eco che prolunga l’udito, e lascia nell’anima le orme delle parole piene di dolcezza e di persuasione. E quando con quella bella voce ella canta, specialmente su la cetra, allora sì, allora debbono tacere gli alcioni, le cicale, e i cigni, che a petto a lei non sanno cantare; e se mi nomini la figliuola di Pandione, anch’ella è rozza e senz’arte, benchè mandi voce sì melodiosa. Orfeo ed Anfione che tanto allettavano chi li udiva, e tiravano col canto anche le cose inanimate, se udissero costei, forse lascerebbono la cetra, e rimarrebbero taciti ad ascoltarla. Che veramente quel serbare armonia perfettissima, da non uscir punto del ritmo, ma opportunamente coi tuoni acuti e coi bassi variare il canto, quell’accordo del canto alla cetra; quell’andare ad un tempo la lingua ed il plettro;1 quella facilità di dita; quella pieghevolezza di membra, come mai poteva averlo quel trace, e quell’altro che mentre pasceva i buoi sul Citerone si spassava a sonare la cetra? Onde se mai, o Licino, tu l’udirai cantare, sentirai non pure l’effetto che fanno le Gorgoni, di uomo divenendo pietra, ma conoscerai ancora quello che facevano le Sirene, rimarrai come incantato, dimentico della patria e della famiglia: e se turerai con cera le orecchie, anche per la cera passerà il canto. Ti pare di udire una Tersicore, una Melpomene, o la stessa Calliope che con la sua arte ti dà infiniti e vari diletti. In una parola immagina di udire un tal canto, quale si conviene che esca di quei labbri e di quei denti. Tu l’hai veduta: ora immagina ancora di averla udita. Il suo favellare terso, e schiet

  1. Plettro, per chi noi sa era un istrumento con cui si toccavano le corde della cetra: ed è anche l’archetto del violino.