Pagina:Opere di Luciano voltate in italiano da Luigi Settembrini - Tomo 2.djvu/72

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64 lo scita.

lì ogni cosa è venuto per istarsene con voi, e vedere ciò che v’è di più bello in Grecia. Io gli ho trovata una scorciatoia per imparar tutto facilmente ed esser conosciuto dai migliori; e questa è di presentarlo a te. Se io dunque ben conosco Solone, tu lo farai tuo ospite, e vero cittadino greco. E tu, o Anacarsi, come ti dicevo testè, hai veduto già ogni cosa vedendo Solone: questi è Atene, questi la Grecia: tu non sei più forestiero: ora tutti ti sanno, tutti ti amano. Tanto vale questo vecchio! Conversando con lui ti smenticherai di tutto ciò che è in Scizia. Hai già il premio del tuo viaggio, il fine del tuo amore. Eccoti l’esempio della Grecia, lo specchio della filosofia ateniese. Tienti adunque beatissimo che converserai con Solone, e lo avrai per amico.

Saria lungo a dire quanto Solone si rallegrò del dono, che parole rispose, e come da allora in poi vissero sempre insieme, Solone ammaestrandolo ed insegnandogli cose bellissime, facendolo amico a tutti, presentandolo ai più ragguardevoli tra i Greci, e studiandosi con ogni modo di rendergli piacevole la dimora in Grecia; ed Anacarsi ammirando la sapienza di Solone, e non volendo mai scostare il piede da lui. Come gli aveva promesso Tossari, per un solo uomo, pel solo Solone, ei conobbe tutto in un momento, fu conosciuto da tutti e fu onorato per lui: che la lode di Solone non era di poco peso: gli ubbidivano anche in questo come a legislatore, e quelli che erano lodati da lui erano amati da tutti, e tenuti egregi uomini. Infine il solo Anacarsi fra i barbari fu iniziato, e fatto cittadino, se si deve credere a Teosseno, che scrisse questo intorno a lui: e forse non saria più tornato in Scizia, se non fosse morto Solone.

Volete ora sapere dove va a parare questa lunga filastrocca che v’ho contata? Ed io vi voglio dir la cagione per la quale Anacarsi e Tossari sono venuti dalla Scizia in Macedonia, e ci han menato anche il vecchio Solone da Atene. A me dunque intervenne come ad Anacarsi. Ma deh, per le Grazie, non mi fate il viso dell’arme per questo paragone, che io mi metta a pari con uno di sangue reale: era barbaro anch’egli come me, e voi non potete dire che noi Siri siamo da meno degli Sciti: nè io me gli paragono per nobiltà, ma per tutt’altro.