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Pagina:Opere di Luciano voltate in italiano da Luigi Settembrini - Tomo 3.djvu/94

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86 diceria o ercole

sinistra l’arco, gli forò la lingua in punta, e così dipinse che ei li tira, e volge ad essi la faccia, e sorride. Questo quadro io stetti un pezzo a riguardare tra la maraviglia, l’incertezza, e il dispetto. Ma un Celta lì presente, e delle nostre lettere non ignorante, come dimostrò parlando bene il greco, forse un filosofo di quei paesi: Io, disse, o forestiere, ti scioglierò l’enigma di questa pittura, che mi sembri molto impacciato per essa. Il parlare noi altri Celti non crediamo, come fate voi Greci, che sia Mercurio, ma lo rassomigliamo ad Ercole, perchè questi è molto più forte di Mercurio. E se qui è rappresentato vecchio, non ti sia maraviglia; perchè soltanto il parlare mostra in vecchiezza la sua piena forza e maturità, se dicono vero i vostri poeti, che

          La mente dei garzoni è sempre in aria;

ma il vecchio

          Sa dire qualche cosa più sennata
          Che i giovani non sanno.

Così ancora dalla lingua del vostro Nestore scorre il mele; e gli oratori dei Troiani mandan la gigliata voce, che vuol dire fiorita, che gigli, se ben mi ricorda, voi dite ad una specie di fiori. Onde se questo vecchio Ercole, che è il parlare, tira con la lingua gli uomini legati per le orecchie, neppure te ne dèi maravigliare, sapendo la parentela che v’è tra le orecchie e la lingua. Nè questa gli è stata traforata per fargli ingiuria. Che io mi rammento, diceva egli, anche di certi giambi di una commedia, che udii tì-a voi.

                    I chiacchieroni tntti
          Hanno in punta la lingua traforata.

Insomma noi crediamo che questo Ercole abbia fatto ogni cosa col parlare, essendo egli un sapiente, ed abbia vinto tutto con la persuasione. E le sue saette sono le parole, acute, dirette, veloci, che feriscono l’anima: infatti anche voi dite che le parole sono alate.

Così il Celta. Ed io quando sul venire qui ripensava tra me se mi stesse bene, in questa età che sono e avendo da un