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108 Le Odi di Orazio

III.


D’uom giusto e fermo di cor non furia
    Di cittadini che a colpe incitano,
        Non volto d’istante tiranno
        4Squassa l’animo saldo, non bieco

Austro signore dell’Adria istabile,
    Nè Giove ch’alto dalla man folgora:
        Se infranto precipiti il mondo.
        8Lui tranquillo terran le ruine.

Così Polluce e il vagante Ercole
    Di forza attinse gl’igniti culmini;
        E tra loro adagiato Augusto
        12Berà il nèttar con labbro vermiglio.

Così te, Bacco padre, benefico
    Trasser le tigri che il collo indocile
        Diêro al giogo; così Quirino
        16Schivò Stige su’ marzj cavalli,