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Libro terzo, Ode XVI. 137


Di ciò che spregio signor più splendido,
    Che se dicessero, quanto àra l’Apulo
    Strenuo negli ampj granaj ricoveri
        28Io tra ricchezze povero.

Rio d’acqua limpida, di pochi jugeri
    Selva e non dubbia fede di mietere
    Mi dan letizia negata ad inclito
        32Re della fertil Africa.

Benchè non Calabro miele a me rechino
    L’api, nè invecchimi bacco in lestrígone
    Anfore, e bioccoli pingui ne’ gallici
        36Pascoli a me non crescano,

Pure l’incomoda povertà scostasi;
    Nè, s’altro io vogliami, tu neghi darmelo.
    I desiderj frenando, i piccoli
        40Censi sciorrò più facile,

Che se l’aliattico regno e i migdonj
    Campi insiem domini. Chi molto è cupido
    È molto povero; ricco, se appagasi
        44Del po’ che Dio concessegli.