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Pagina:Opere di Mario Rapisardi 5.djvu/160

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160 Le Odi di Orazio

XXX.


Mole alzai stabile più che bronzo, ardua
    Più che il tron regio de le piramidi,
    Cui pioggia rodere, cui borea valido
    4Non potrà scuotere, nè innumerevole

Di tempi serie, fuga di secoli.
    Non tutto andrommene a morte: eludere
    Saprò Lubenzia gran parte; a’ posteri
    8Crescerò in gloria: finchè il Pontefice

E insiem la tacita vergine ascendano
    Sul Campidoglio, fia noto ov’Aufido
    Furente strepita, e Dauno, povero
    12D’acque, ebbe imperio su agresti popoli,

Ch’io primo, or nobile già oscuro, in itali
    Versi gli eolj piegai. Superbia,
    Chiesta da’ meriti, prendi, o Melpomene,
    16E il crin di delfico lauro ricingimi!