Pagina:Opere di Mario Rapisardi 5.djvu/218

Da Wikisource.
218 L’Empedocle

     Paga di profondarsi entro l’abisso,
     Pur di rapire il vero ultimo ai ciechi
     Visceri dell’Enigma. Una parola
     Misteriosa bisbigliavan l’erbe
     175Tremule al vento in su’ corrosi greti;
     Una parola si dicean tra’ rami
     Gli augelletti felici, aeree cimbe
     Che il cielo importuoso in lieti cori
     Solcano cinguettando; i monti azzurri,
     180Le selve in fiore, i prati palpitanti
     Al bacio della rosea Primavera
     Si scambiavano all’aure una parola,
     Ch’era da ognun, fuor che da me, compresa.
     Pur dalle tempie mie pendea la sacra
     185Infola; al mio passar, quale ad un dio,
     S’inchinavano popoli e monarchi,
     Mentre di terra in terra alto cantando
     Gloriava la Fama il saper mio,
     E s’ergeano le menti de’ mortali,
     190Come dorici templi, ad onorarmi!
     Dispettoso mi volsi, e al giovinetto,
     Che fatto erasi intanto a me da presso,
     E di sottecchi con amabil ghigno
     Mi sguardava e tacea, non senza un qualche
     195Stupore m’affisai, però che fuori
     D’ogni costume pastoral, di tanto