Pagina:Opere di Mario Rapisardi 5.djvu/267

Da Wikisource.

Calcidonio 267

     Dissecca i fiori d’ogni fede, e i germi
     Della venusta illusione impietra.
     Non inerte però, qual radicato
     Tronco al furor dell’imminente lava,
     45Querulo scricchiolando aspettar voglio
     L’incendio: augurai fantasma invece
     Passeggerò su le ruine, e immerso
     Neir azzurro de’ sogni il capo austero,
     Fantasticando aspetterò la morte.
     50Ma non tu forse al nostro animo spiri,
     fantasia, madre di numi? Spenta,
     Qual bolide dal ciel cadde l’umana
     Coscienza, cadde ogni virtù, se cieco
     Tra rei computi infuria, o da maligni
     55Poteri oppresso il volgo ibrido ghigna?
     Non tu di rose il cielo e d’oro i campi
     Inondi ancor benignamente, o sole?
     Non tu, pace divina, agl’innocenti
     Costumi e al culto del dovere arridi?
     60Dilegui or dunque dal mio ciglio quanto
     Ha di turpe e di triste il secol mio;
     Schiuda l’Arte i sereni occhi, e l’illesa
     Beltà vagheggi, onde s’irradia il mondo.