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266 Calcidonio

     15Con dita adunche i baffi ispidi arriccia.
     Questo, o caro, è un deserto. E che? dovrei
     Le pure linee, in cui Grecia rivive.
     Rompere e frastagliar di quante rozze
     E tozze e mozze capannacce usurpano
     20La soleggiante via tutte superbe
     Della squillante imbiancatura e certe
     Di dar tema d’invidia al Partenone?
     informicar dovrei questi tranquilli
     Piani del bulicame analfabeta,
     25Che quando non falsifica, sogghigna?
     Meglio, amico, il deserto: io lo contemplo
     E l’avvivo e lo popolo a mia posta.
     Così dicendo, l’occhio acuto affonda
     Nei segnati contorni, e come suole,
     30Bizzarramente alle sue fantasie,
     Quasi a viventi immagini, sorride.
Io penso intanto: e non potrei, com’egli,
     Trasformar tutto a me dintorno, e in cheta
     Libertà vagheggiar quanto l’onesto
     35Core e l’acceso immaginar mi crea?
     Troppo in battaglie ingrate e in disuguali
     Travagli ansano i petti umani; sopra
     Le amene rive della vita, come
     Ignea corrente, il bieco utile passa,
     40Dell’Ideale inaridisce i fonti,