Pagina:Opere di Mario Rapisardi 5.djvu/301

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Jo 301

40Dacché fui tua, nume crudele, e ossessa
     Dal concetto divino
     L’anima crebbe a dismisura, erompermi
     Sentii fuor di me stessa
     E dilatarmi nell’immenso cielo;
     45Tremâr le membra all’impeto ineguale,
     E l’eterno e il mortale
     Si confuser così nel petto anelo,
     Che se alla mente insolita
     E al disugual destino
     50Mutai del par l’aspetto,
     Ben è ragion che agli uomini
     Sia d’oltraggiosa meraviglia oggetto.
Come placido lago, in cui la cima
     Del sovrapposto monte
     55Improvvisa ruini, al ciel con impeto
     Le invase acque sublima.
     Che ricadendo poi sperdonsi a’ venti;
     Così l’animo mio, prima sì cheto,
     A volo inconsueto
     60Balzò commosso a’ tuoi divini accenti,
     E tutto il ciel comprendere
     Parve; se non che pronte
     Corser le Furie, e tutta
     Mandâr ghignando all’aure
     65L’immensa mia felicità distrutta.