Pagina:Opere di Niccolò Machiavelli II.djvu/128

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118 del duca

far guerra ad alcuno, o condursi con alcuno. Fatto questo accordo, Guido Ubaldo Duca di Urbino di nuovo si fuggì a Venezia, avendo prima fatto ruinare tutte le for­tezze di quello stato; perchè confidandosi ne’ popoli, non voleva che quelle fortezze, ch’egli non credeva poter difendere, il nimico occu­passe, e mediante quelle tenesse in freno gli amici suoi. Ma il Duca Valentino avendo fatta questa convenzione, e avendo partite tutte le sue genti per tutta la Romagna con gli uomini d’arme Francesi, alla uscita di Novembre si partì da Imola, e ne andò a Cesena, dove stette molti giorni a praticare coi mandati de’ Vitelli e degli Orsini, che si tro­vavano colle loro genti nel Ducato di Urbino, quale impresa si dovesse fare di nuovo, e non concludendo cosa alcuna, Oliverotto da Fermo fu mandato ad offerirli, che se voleva fare l’impresa di Toscana, che erano per farla, quando che nò, anderebbono all’espugnazione di Sinigaglia. Al quale rispose il Duca, che in Toscana non voleva muover guerra, per esserli i Fiorentini amici, ma che era ben contento che an­dassino a Sinigaglia. Donde nacque che non molto dipoi venne avviso, come la terra a loro si era resa, ma che la rocca non si era voluta rendere loro; perchè il castellano la voleva dare alla persona del Duca e non ad altri, e però lo confortavano a venire innanzi. Al Duca parve la occasione buona, e non da dare ombra, sendo chiamato da loro, e non andando da se. E per più assicurarsi, licenziò tutte le genti Francesi, che se ne tornarono in Lombardia, eccetto che cento lance di Monsignor di Can­dales suo cognato; e partito intorno a mezzo Dicembre da Cesena, se ne andò a Fano, dove con tutte quelle astuzie e sagacità potette, persuase a Vitelli e agli Orsini che lo aspettassino in Sinigaglia, mo­strando loro, come tale salvatichezza non poteva fare l’accordo loro nè fedele nè diuturno, e che era uomo che si voleva poter valere del­l’armi e del consiglio degli amici.