Pagina:Opere di Niccolò Machiavelli VI.djvu/445

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della ingratitudine. 425

A Cesare occupar fe’ questo il regno;
     E quel che Ingratitudo non concesse,
     156Li dette la iusta ira e ’l iusto sdegno.
Ma lasciamo ir del popul l’interesse:
     A’ Principi e moderni mi rivolto,
     159Dove anco ingrato cor natura messe.
Acomatto Bascià, non dopo molto
     Ch’egli ebbe dato il Regno a Baiasitte,
     162Morì col laccio intorno al collo avvolto.
Ha le parti di Puglia derelitte
     Consalvo, e al suo Re sospetto vive
     165In premio de le Galliche sconfitte.
Cerca del mondo tutte le sue rive;
     Troverai pochi Principi esser grati,
     168Se leggerai quel che di lor si scrive;
E vedrai come e’ mutator di stati
     E donator di regni sempre mai
     171Son con esilio o morte ristorati.
Perchè, quando uno stato mutar fai,
     Dubita chi tu hai principe fatto,
     174Tu non gli tolga quel che dato gli hai;
E non ti osserva poi fede nè patto,
     Perchè gli è più potente la paura
     177Ch’egli ha di te, che l’obligo contratto.
E tanto tempo questo timor dura,
     Quanto pena a veder tua stirpe spenta,
     180E di te e de’ tuoi la sepoltura.
Onde che spesso servendo si stenta
     E poi del ben servir se ne riporta
     183Misera vita e morte violenta.
Dunque, non sendo Ingratitudin morta
     Ciascun fuggir le Corti e’ stati debbe;
     186Che non c’è via che guidi l’uom più corta
A pianger quel che volle, poi che l’ebbe.