Pagina:Opere di Niccolò Machiavelli VI.djvu/460

Da Wikisource.
440 serenata

E se mai crudeltà ti tiene, o tenne
     Empiendo il petto tuo d’amaro fele,
     In Cipri io ti dirò quel che intervenne
     Ad una donna per esser crudele,
     125Qual contro al regno d’Amor dura venne,
     Proterva, iniqua, malvagia, infedele;
     Ma la vendetta tanto atroce, e rara
     Fa ch’ogni donna alle sua spese impara.
Amava Ifi, leggiadro giovinetto,
     130La bella e la crudele Anassarete.
     Ardevagli di foco il cor nel petto,
     Come una facellina arder vedete;
     Avea sempre quel volto per obbietto
     Che gli accendeva l’amorosa sete,
     135E fece molte prove seco stessi
     Se per se spegner quel foco potessi.
Ma poi che non potette con ragione
     In parte mitigar tanto furore,
     Davanti alle sua porte ginochione
     140Venne piangendo a confessar l’amore;
     E con umile, e pietoso sermone
     Cercava alleggerire il suo dolore,
     Ed or co’ servi, or con la sua nutrice
     I suoi affanni, e le sua doglie dice.
145Talvolta qualche lettera scrivea
     E le sua pene descritte mandolle.
     Spesso alla porta la notte ponea
     Fiori e grillande dal suo pianto molle;
     E spesso, per mostrar quanto egli ardea,
     150Dormire a piè della sua casa volle,
     Dove facea d’un freddo sasso letto
     Al miser corpo, all’amoroso petto.