Pagina:Opere di Procopio di Cesarea, Tomo I.djvu/108

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degli Africani. Estinto Solomone, tanto gli altri capitani, quanto i soldati ricusarono di arrischiare battaglia; e primo di tutti Giovanni di Sisiniolo, il quale si astenne da ogni fatto d’armi sino all’arrivo in Africa di Areobinto; e ciò in odio contra Sergio, essendo costui quasi imbelle e svenevole; e come di età affatto giovanile, così pur di costumi, pieno d’invidia e di petulanza verso tutti, di vita effeminata, e vantatore superbo. Ma perché era fidanzato con una nipote di Antonina moglie di Belisario, l’Augusta non volle mai gastigarlo, né spogliarlo del comando, quantunque vedesse che l’Africa andava a perdersi. Anzi essa, e l’Imperadore, assolvettero Solomone, fratello minore di Sergio, dal delitto di avere ammazzato Pegasio. Il che come succedesse, or brevemente dirò.

Dopo che Pegasio ebbe pagato ai Levati il riscatto di Solomone, ricondottisi i Barbari al loro paese, costui con Pegasio, da cui era stato riscattato, e con picciol drappello di soldati, s’incamminava verso Cartagine. In quel viaggio Pegasio, che sapea quale infamità Solomone avesse commessa, lo avvertiva a ricordarsi, che per divina opera poco innanzi egli era stato ritolto dalle mani degl’inimici; ed egli mal sofferendo che gli si rammentasse lo stato di libertà come se dianzi fosse uno schiavo, improvvisamente assaltò Pegasio, e l’ammazzò: siffatto premio retribuendogli della vita salvatagli! Come poi fu giunto a Costantinopoli, fu dall’Imperadore assoluto dell’omicidio, riputandosi che tolto avesse di mezzo un ribelle dell’Imperio: al quale effetto gli fu spacciato un diploma. Scampato di tale maniera