Pagina:Opere di Procopio di Cesarea, Tomo I.djvu/117

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bertà ai loro servi; le donne a cedere alle brame de’ mancipii, o ripugnando a soffrirne la violenza. E le cose giunsero al segno, che i figli d’illustri cittadini, postisi in congrega con codesta gioventù sì guasta, dai loro genitori a forza estorcevano e denaro e qualunque altra cosa. E si videro giovinetti impuberi, costretti anche reluttanti a patire gli scellerati abbracciamenti de’ faziosi poco meno che in cospetto de’ genitori medesimi, giacchè questi non ne ignoravano l’ingiuria. Nè da tali violenze erano immuni le donne maritate.

Narrasi di una non ricca di ornamenti, alla quale, mentre insieme col marito passava in barca di là del Bosforo ad una sua villa, codesti faziosi si presentarono, e minacciosamente strappata al marito la trassero nel lor navicello. Nell’atto, ch’essa vi saliva, disse all’orecchio al marito che stesse di buon animo, nè temesse che a lei cosa indegna avvenisse: chè devi sapere, aggiungeva, che non permetterò mai che questo mio corpo sia macchiato. E mentre quegli dolente l’andava seguendo cogli occhi, la vide gittarsi in acqua, e rimanervi annegata.

Pur queste cose, che i turbolenti uomini ardivano allora commettere in Costantinopoli, meno angustiarono gli animi, che quelle che Giustiniano commise contro la repubblica. Minorasi gran parte del dolore che si soffre in una miseranda sventura, quando rimane speranza che gli scellerati abbiano dai magistrati, vindici delle leggi, la debita pena. Questa speranza sostenta il coraggio, onde i presenti mali più facilmente si sopportano. Ma quando gli uomini sono oppressi da colui, nel