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CAPO XVIII.

Animo crudele di Teodora. Suo tenore di vita. Sua feroce superbia: sua protervia: sue violenze: sue insidie. Come atrocemente dileggia un patrizio ricorso a lei. Sue lunghe villeggiature. Assassinio di Amalasunta tramato da lei. Ruina Prisco. Fa sparire Areobindo. Come sa tenere occulte le sue vendette, ed essere informata degli altrui segreti. Casi deplorabili di altre persone.

Ma Teodora era sì inclinata e ferma nella crudeltà, che non ebbe mai bisogno di chi la persuadesse, o la incitasse a fare il male, con procace animo e con ardore infinito eseguendo essa da sè quanto le fosse venuto in pensiero. Nissuno ardì mai di domandarle in grazia un reo: chè nè lunghezza di tempo, nè per supplizii o crudeltà satollata, nè preci le più ferventi, nè il terrore stesso della imminente ira celeste, poterono arrestarne in verun caso il furore. Nissuno vide mai che alcuno fatto inviso a Teodora ritornasse nell’antica sua grazia, nemmeno dopo morto. I figliuoli di un padre estinto colla paterna eredità acquistavano l’odio della Imperadrice, e lo trasmettevano ai nipoti. Essa, come facilmente s’accendeva di furore in esizio delle persone, così non poneva mai fine all’ira.

Teodora fu diligente nella cura del corpo; e sebbene oltre quanto fosse necessario, non però a satollamento di libidine. Di buonissima ora entrata nel bagno, tardi assai ne usciva, e andava poscia a far colezione, indi riposava. A pranzo e a cena usò gran varietà e copia