Pagina:Opere di Procopio di Cesarea, Tomo I.djvu/209

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avere acqua, presso le fonti si opprimesse. Similmente mancavano i bagni; ed invece di rimediare a questo disordine, l’Imperadore in tutti i sobborghi pazzamente profondeva immense somme di denaro intorno ad edifizii marittimi, come se lui e la moglie non fosse capace di contenere la reggia, nella quale gli antecedenti Imperadori e lungamente e comodamente aveano abitato. Con che manifestamente dimostrarono entrambi, che non per parsimonia, ma per niuna misericordia verso un popolo che tanto penava, aveano essi trascurato di far ristaurare l’acquidotto: perciocchè d’altronde non fu mai uomo al mondo, come Giustiniano, nè più pronto ad attrappare con ogni iniquo modo il denaro, nè più prodigo ad immantinente gittarlo. Ridotti adunque i poveri ad estrema indigenza, e non avendo altro di che cibarsi che pane, e per abbeverarsi che acqua, Giustiniano anche in queste due cose li angariò, rendendo il pane difficile, e l’acqua mancante.

Ma non fu co’ soli poveri di Costantinopoli, che sì crudelmente si comportò: lo stesso fece con altri; e giova qui esporlo. Teodorico, sottomessa l’Italia, per lasciare in Roma qualche ombra di repubblica volle conservati i soldati pretoriani, e lasciò loro la razione giornaliera. Ed era il corpo d’essi numeroso, poichè vi erano compresi anche i silenziarii, i domestici, gli scolarii, i quali, se non altro, almeno aveano il distintivo militare, e i viveri, che veramente appena bastavano loro, ma che Teodorico permise che passassero ai loro figli e nipoti. A’ poveri poi stanziati presso il tempio di s. Pietro egli fece distribuire dal pubblico tre mila medinni