Pagina:Opere di Procopio di Cesarea, Tomo I.djvu/228

Da Wikisource.
194

nendo la persona co’ piedi, o colle mani. Baciavano il piede del Principe, e di poi partivansi. Nè Teodora ricusò quest’onore: ch’essa gli ambasciadori de’ Persiani, e degli altri Barbari ammise solennemente all’udienza, cosa non usata mai a memoria d’uomini; e li banchettò come se foss’ella che avesse la somma del governo romano. Anticamente quelli che parlavano all’Imperadore, questo solo titolo usavano: e così dicevano Imperatrice alla moglie di lui: Principi dicevano poi agli altri, secondo che il grado, e la dignità di ciascuno comportava. Ma chiunque coll’uno o coll’altro di questi Augusti parlando detto avesse Imperadore, e Imperatrice, e non Signore, e Signora, e si fosse astenuto di chiamar servi i Principi; questi sarebbe stato tenuto per uomo rozzo e petulante; e come in turpissimo fallo caduto e baldanzosamente ingiuriatore sarebbe stato cacciato. Una volta pochi, e ben di rado frequentavano la reggia: ma dacchè questi sedettero in trono, e i magistrati, e tutti gli altri assiduamente consumarono il loro tempo nel palazzo. Prima i magistrati, che doveano ascoltare i ricorrenti e far ragione, trattavano queste cose o nelle loro case, o ne’ pretorii; e i clienti soddisfatti non aveano motivo d’inquietare l’Imperadore, o ciò almeno poche volte accadeva. Ma Giustiniano e Teodora, nati per la ruina de’ sudditi, trassero a sè tutti gli affari, e tutte le persone a quella servile assiduità che si è detta. Per conseguenza quasi tutti i giorni vedevansi vuoti i tribunali, ed il foro; ed in vece clamorosa la moltitudine empiva la reggia, affollatesi ed opprimentesi con un ossequio da schiavi.