Pagina:Opere di Procopio di Cesarea, Tomo I.djvu/315

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carni; e i venditori ne uccisero, e ne esposero di ogni fatta; ma nessuno ne comperava, e ne mangiava. Si fece indi la Pasqua, siccome l’Imperadore comandò; e trovossi che il popolo avea digiunato una settimana di più.

CAPO XXX.

1.° Liberio, di cui nell’antecedente capo e in questo Procopio parla, fu patrizio romano, che Teodato, re de’ Goti, mandò suo legato a Giustiniano; e che poscia ebbe molte cariche nell’Oriente da esso lui egregiamente sostenute. In fine fatto già vecchio, e tutt’altro essendo che uomo esperto nella guerra, fu mandato in Italia contro de’ Goti.

2.° Fu sì chiara ed abbominanda la rapina dell’altrui eredità da Giustiniano appropriatesi, che Giustino II, a lui succeduto, se diam mente a Corippo, ordinò che si restituissero agli eredi legittimi. E in quanto alla legge, colla quale ridusse il diritto degli eredi legittimi alla quarta parte, l’Anonimo nella Cronaca si spiega con queste parole: Giustiniano imperadore sotto apparenza di pietà fece cosa iniquissima: perciocchè non permise a’ cognati di adire le eredità dei defunti, ma le applicò al fisco.

CAPO XXXI.

1.° Questo Maltane, di cui qui parla Procopio, trovasi nominato Martane nella Novella 142, e Martanio nella Lettera di Giustiniano, e negli Atti del Concilio di Mopsuestia, celebratosi contro Teodoro, al qual Concilio costui intervenne per ordine dell’Imperadore.

CAPO XXXII.

1.° I Veredarii degli antichi furono quelli che noi diciamo postiglioni, o corrieri; e le stalle, che qui Procopio accenna, erano come le nostre stazioni di posta. Augusto fece una legge,