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Pagina:Opere di Procopio di Cesarea, Tomo I.djvu/317

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facilmente argomentarsi la rendita, che quel borgo era capace di dare. Ma in che la desse, questo è ciò che può desiderarsi di sapere.

CAPO XXXIV.

1.° Da che i Greci bizantini tanto esageravano nelle espressioni, e nel linguaggio legislativo de’ loro Imperadori tutto era sacro, tutto divino, quanto apparteneva alla Corte, non è meraviglia se molto si esagerasse anche negli atti di venerazione personale. Diocleziano fu il primo che introdusse l’uso di farsi baciare i piedi. Era certamente assai forte il baciare i piedi a Teodora, vedutasi pochi anni addietro in teatro, e ne’ postriboli. Ma poichè era stata solennemente inaugurata Augusta, la superbia di lei fu almeno conseguente. Fu pur conseguente ancora nel prender parte nelle onorificenze diplomatiche, poscia che Giustiniano le permise tanta ingerenza negli affari; e volti entrambi sì palesemente alla tirannide, non è a stupire se spinsero il cerimoniale di Corte al segno, che da Procopio viene indicato.

Procopio non dice che anche gli ecclesiastici fossero obbligati allo stesso cerimoniale, probabilmente perchè fu assai lontano dal pensare che altri ne dubitasse. In tutte le parti dell’Imperio non conoscevasi dignità che potesse per alcun verso farsi rivale di quella dell’Augusto regnante: onde in una lettera a Giustiniano di vescovi e monaci si legge: L’Arcivescovo della vecchia Roma Agapito, il quale è stato ammesso alle vestigia de’ vostri pii piedi. E la verità vuole che si dica questo cerimoniale non essersi osservato soltanto al tempo di Giustiniano; ma bensì assai prima, poichè il sant’uomo Saba ad Anastasio imperadore diceva: io venni per adorare le vestigia della vostra pietà. Così Fozio, vescovo di Tiro, diceva a Marziano: Priego adunque prosteso a vostri piedi; ed Agatone papa avea scritto a Costantino: vi supplico, innanzi a voi prostato come se vi fossi presente, e a’ piedi vostri prosteso. Nè nuova era pure la denominazione di Signori all’Imperadore, e alla Imperatrice, poichè la veggiamo usata da s. Gregorio il grande, siccome si