Pagina:Opere di Procopio di Cesarea, Tomo I.djvu/37

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ne riferisce esattamente nè l’argomento, nè il titolo. Svida fu il solo, che dopo parecchi secoli avendolo avuto sott’occhio, ne facesse menzione esatta, e ne trascrivesse una parte nei suoi Collettanei.

Sulla fede appunto di Svida gli amatori de’ buoni studii incominciarono le ricerche di questo libro; e per molto tempo non altro seppesi, se non che Giovanni Lascaris ne avea recato in Italia da Costantinopoli un esemplare, donato da lui a Lorenzo de’ Medici: poi quando dietro a questa indicazione le investigazioni s’impegnarono più caldamente, non si seppe altro se non che tenevasi per probabile cosa che Catterina de’ Medici l’avesse portato seco in Francia. Mentre poscia alcuni pensavano di rivolgere le loro diligenze a quel paese, s’ebbe notizia, che un altro esemplare n’era stato posseduto da Giovanni Pinelli; e più che di quello del Lascaris, di questo si era accertati, posciachè Pietro Piteo, e Guido Pancirolo, da esso aveano tratti varii frammenti. Ma l’esemplare del Pinelli si disse perito in mare, essendosi per naufragio sommerso il legno, su cui si spediva a Napoli.

Fu bell’avventura di Niccolò Alemanno, custode della Biblioteca Vaticana, che ivi ne trovasse due esemplari: tanto più fortunato, che in quel tempo stesso i Francesi, i quali invano cercato aveano presso di loro quello che dicevasi recato seco da Catterina, eransi rivolti al Cardinale di s. Susanna, bibliotecario della