Pagina:Opere di Procopio di Cesarea, Tomo I.djvu/42

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cizio. — Con questo principio è manifesto che potrebbesi dubitare dell’autenticità di tutti i libri. Per combatterla voglionsi ben migliori argomenti. L’unico, ch’egli allega si è che Niceforo di Callisto non vide la Storia segreta e che ne parlò confusamente ed inesattamente. — Come mai l’autenticità di un antico libro può dipendere dal caso di un particolare Scrittore, che non l’ebbe sott’occhio, e che parlandone per alcun cenno avutone, ne parlò poco esattamente? — Noi farem conto che l’Eiscelio abbia premesse le accennate cose per pura vanità di discorso; e verremo a quanto aggiunge con maggiore fidanza. — I codici degli altri libri di Procopio, dic’egli, dalla prima loro pubblicazione furono conosciuti da tutti; e di essi n’è fatta fede da Evagrio, da Agazia, da Scolastico epifaniense, dal Metafraste, da Costantino porfirio, da Tazio, da Zonara, da Cedreno, da parecchi altri; e nessuno fa fede della Storia segreta. Gli altri libri di Procopio furono in diversi modi riprodotti, e questo venne omesso. — Ma il fatto non è esso abbastanza spiegato quando si considera che gli altri libri furono dall’Autore pubblicati solennemente, e questo venne occultato? — Tre soli esemplari, aggiunge l’Eiscelio, notansi di questo libro dall’Alemanno, due periti, uno trovato nella sola Vaticana. — Noi vedremo in appresso due altri sussisterne, che l’Alemanno non conobbe; e diremo intanto