Pagina:Opere di Procopio di Cesarea, Tomo I.djvu/420

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le portava contro le mura, ed inondava non solamente le basse parti delle medesime, ma fin’anche i merli. Quindi le pietre per tanta bagnatura smovevansi dai loro posti, e scioglievansi le une dalle altre. Or fattovi con macigni un grande argine, lungo quanto il muro, venne a rendere vana la furia del fiume ogni volta che si alzasse, e così le mura salvò dal danno, a cui erano esposte, per quanto forte ne fosse la piena. E sapendo poi che la più parte del maggior muro dalla parte di tramontana per l’antichità era affatto rotta, quella e il muro minore atterrò e rifece; e non già com’erano dianzi, perchè incomode alle case della città, essendo ivi queste troppo angustiate; ma dilatò il circondario, e la stessa fossa portò oltre, e il nuovo muro rendè più vistoso e bello: e così Zenobia non poco ingrandì. Similmente essendo prossima alla città dalla parte di ponente una collina, dalla cui cima i Barbari, se venuti fossero ad assediarla, avrebbero potuto bersagliare impunemente i difensori, e ferirli ancora in mezzo alla città medesima. L’Imperador Giustiniano fece tirare un muro quinci e quindi da quella collina, il quale abbracciasse tutta Zenobia, e da ogni parte lo fece corrispondere a’ precipizii, onde nissuno potesse investirlo; e un muro pose anche sulla collina: per tal mondo precludendo a tutti l’adito alla città, se volessero assaltarla; perciocchè al di là della collina la terra, essendo bassissima, non dà luogo a’ nemici di accostarvisi; e di là dalla valle s’alzano monti all’occidente, pe’ quali la barriera stessa della valle diventa più proficua alla città. Nè poi l’Imperador nostro provvide soltanto alla sicu-