Pagina:Opere di Procopio di Cesarea, Tomo I.djvu/419

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trada, fondò in addietro una piccola città che dal suo nome chiamò Zenobia. Coll’andare degli anni anche le mura di questa si erano guaste; e non avendosene i Romani dato pensiero, rimase spopolata: per lo che i Persiani potevano, ogni volta che lo volessero, trarsi in mezzo a’ Romani assai prima, che il loro arrivo si sapesse. Adunque Giustiniano riedificò tutta di pianta Zenobia, la ripopolò assai bene, e postovi con numeroso presidio un capitano, ne fece un forte baluardo per l’Impero, e un luogo a’ Persiani incomodo. Nè si contentò di restituire alla città la prima sua forma; che vi aggiunse fortificazioni eccellenti: perciocchè veggendo come le rupi vicine potevano agevolare dall’alto a’ nemici l’opportunità di saettare i difensori delle mura, per evitare un tale incomodo, alla cima delle mura vicine alle accennate rupi aggiunse un’opera che i difensori proteggesse costantemente: la quale opera vien detta ale per la ragione che pare in certo modo sospesa sulle mura medesime. Non vale poi discorso a dire tutto ciò che l’Imperador nostro benignamente fece per codesta città di Zenobia; poichè situata lungi nel deserto, e perciò sempre in pericolo, e bisognosa di aiuto per essere tanto dai Romani discosta, con più impegno che le altre, cercò di fortificarla; e di quanto ivi è stato fatto, farò qui un qualche cenno.

Zenobia è dalla parte di levante bagnata dal fiume Eufrate, che passa sotto le sue mura; e come è sotto ad alte montagne, nè poteva ivi allargarsi, per la vicinanza di quelle, e per le rive che lo stringevano, ove le piogge lo ingrossassero, violentemente alzando le acque,