Pagina:Opere di Procopio di Cesarea, Tomo I.djvu/432

Da Wikisource.
392

de’ Persiani, rinunciò al romano imperadore il suo regno con certi patti, che io ho riferiti nei libri delle guerre. Per qualche tempo Romani e Persiani contrastarono fra loro per l’Armenia: se non che infine convennero, che questi si ritenessero la parte di Tigrane, e quelli la parte di Arsace; e ne fu fatto istromento nelle forme. Da quel tempo in poi sempre l’imperadore romano mise a comandare agli Armeni chi e quando più gli fosse a grado; e questo governatore anche al tempo nostro chiamavasi Conte.

Ma come l’autorità di questo magistrato non bastava a respingere le irruzioni de’ nemici, perchè mancante dell’appoggio di forze militari, Giustiniano Augusto considerando che così mal tenuta l’Armenia era in continuo pericolo, e poteva facilmente venire occupata dai Barbari, toltone via quel magistrato, diede agli Armeni un maestro della Milizia, provveduto di un buon numero di soldati, con cui potesse respingere le aggressioni nemiche. Così fece dell’Armenia detta maggiore. Dell’altra poi che dall’Eufrate si stende sino ad Amida, aveano il governo cinque satrapi, che e godevano a vita, ed erano soliti ottenerlo per diritto ereditario, dall’imperatore romano soltanto ricevendone gli ornamenti distintivi, che io verrò qui indicando, poichè dagli uomini che verranno, non vedrannosi più. Era primieramente una clamide di lana, non già di pecora, ma tratta dal mare, perchè tolta da crostacei, volgarmente detti pinne, sulli quali nasce. Quella veste purpurea avea ricamata in oro la parte, nella quale si suole stringere e tenere unita; e alla sommità della clamide era una fibbia d’oro,