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Pagina:Opere di Procopio di Cesarea, Tomo I.djvu/433

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entro cui era incassata una pietra preziosa, e dalla quale pendevano tre giacinti raccomandati a tre catenelle di oro anch’esse. Una tunica di seta era vagamente sparsa dappertutto di chiodi d’oro, o come volgarmente si dice, di piume. I calzari, alti sino al ginocchio, erano di carico rosso colore: ornamento a nissuno permesso fuori che all’imperatore romano. Ma nè il re d’Armenia, nè i satrapi ebbero mai ausiliarj soldati romani, e facevano la guerra colle proprie forze.

Indi poi, regnando Zenone, avendo alcuni satrapi apertamente prese contro l’imperadore le parti d’Illo e Leonzio, che s’erano fatti tiranni, quel principe, caduti entrambi in sue mani, permise bensì che uno dei satrapi, il quale avea un piccolo Stato nella Relabitina, continuasse a godere del suo grado; ma in quanto agli altri, spogliatili tutti della pristina autorità, non volle che più avessero il governo per diritto ereditario; e stabilì che in avvenire succedesse nella dignità quegli, qualunque fosse che più andasse a genio dell’imperadore, come soleasi praticare degli altri magistrati dell’Impero romano: nè a questi pure erano date milizie romane, ma secondo l’antica costumanza tenevano presso di sè alquanti Armeni: onde non aveano forze da opporre agli assalti nemici. Le quali cose considerando Giustiniano Augusto, cacciati i satrapi, prepose a quella nazione due così chiamati Duchi, ai quali diede varii corpi di milizia romana per custodire i confini dell’Impero; e fabbricò loro luoghi forti, come or ora sono per dire.