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Pagina:Opere di Procopio di Cesarea, Tomo II.djvu/108

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88 GUERRE PERSIANE

zioni, nè le sue città e castella ricettarono mai sì formidabili presidj come al presente, il perchè facendoci noi da quivi ad assalire i Romani, esporremmo le cose nostre a manifestissimo danno, quando per lo contrario nella Siria, ed in tutto il suolo prima di giugnere all’Eufrate, non trovi una loro fortezza o guarnigione. Ed a vie più confermarti che tal sia la verità non tacerò di aver io mandato replicate volte a riconoscere attentamente quelle regioni alcuni miei Saraceni, i quali ripatriati dichiararono che la stessa Antiochia1, città per opulenza, grandezza e popolazione fiorentissima sopra tutte le altre orientali suddite del romano imperio, non racchiudeva nè presidio, nè truppa, ed il popolo era solo applicato a dilettarsi con feste, sollazzi, e con mille scenici ludi. Quindi è che potendola noi sorprendere all’impensata riusciremo con ogni verisimiglianza a conquistarla prestamente, massime non avendovi dentro esercito nemico; riportata però coll’aiuto de’ Numi la vittoria, e prima che giungane sentore alle truppe di stanza nella Mesopotamia, retrocederemo nelle nostre terre. Nè paventare la mancanza dell’acqua, o d’altro che necessario alla vita; io stesso partirò alla

  1. Fatta costruire da Seleuco Nicatore, il quale diedele questo nome per onorare la memoria del suo genitore Antioco. Ebbe parimente il soprannome di Epidafne, sendo a lei vicina Dafne grossa borgata con bosco e tempio sacri ad Apollo e Diana, per distinguerla dalle altre città asiatiche aventi la stessa denominazione. Essa è attraversata dal fiume Oronte (V. Plinio, v, 21; Giust., xv, 4; Strab., xvi). Ora è nomata Antackia.