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Pagina:Opere di Procopio di Cesarea, Tomo II.djvu/281

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LIBRO SECONDO 259

del sole. Terminata colla notte la strage, i Persiani raggiunsero il campo e vi si tennero di continuo in guardia; il presidio poi fornì di sassi la sommità delle mura ed apprestò ogni altra necessaria difesa per accogliere convenevolmente nel venturo giorno il nemico se vedesselo un’altra fiata inoltrare; ma uom non comparve. Al posdomane parte dell’esercito reale ad esortazione di Cosroe fe impeto contro la porta Barlai, accorsivi però i Romani fu tosto vinta e costretta a retrocedere negli accampamenti. Dopo di che giunse alle mura Paolo turcimanno del re con invito a Martino di passare nel campo nemico per venire ad un’amichevole composizione; ed arrivatovi l’ambasciadore, il monarca fattesi annoverare cinquecento libbre d’oro, sottoscrisse gli accordi, obbligando la sua parola che mai più avrebbeli violati; quindi messi a fuoco e fiamme gli steccati del campo e le macchine, tornò con tutto l’esercito nel regno.

CAPO XXVII.

Morte di Giusto e Peranio; Marcello e Constanziano, lor successori, mandati in ambasceria a Cosroe. — Guerra particolare tra Alamandaro ed Areta. — Isdigunna muove insidiosamente contro Dara, e, mancatogli il colpo, va ambasciadore in Bizanzio.

I. L’imperio compianse in tal epoca la morte di due illustri capitani, Giusto nipote dell’imperatore, e l’ibero Peranio; il primo fu spento da morbo, e l’altro da una caduta di sella in cacciando. Giustiniano