Pagina:Opere di Procopio di Cesarea, Tomo II.djvu/364

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338 GUERRE VANDALICHE

che tal dei donzelli annunziasse avervi gente con doni all’uscio; il duce allora affacciatosi ad un balcone vide alcuni del volgo col dorso carico di grano1 e di frutti: disceso adunque fe loro deporre le offerte nell’androne, e sopra vi si assise colla sua comitiva gustando di quelle frutta sembrate ad ognuno di sapore gratissimo; in compendio tale fu il sogno.

III. Le altre navi seguirono la capitana e fecero scala tutte di conserva all’antica Perinto, a noi Eraclea2, dove spesero cinque giorni ad attendere alcuni

  1. Leggo questo sogno tradotto con qualche discrepanza dal mio testo nel Cousin.
  2. «Era Perinto posta sul mare in una eminenza della penisola lunga uno stadio. Avea le case ben unite insieme, e tutte cadenti sotto la vista, perchè a cagione del pendio del colle le une venivano ad essere sopra le altre, come se poste fossero su tanti scaglioni succedentisi, e così prendeva una certa forma di teatro» (Diodoro Siculo, lib. xvi, trad. del cav. Compagnoni). Essa fu da Filippo il grande strettamente cinta d’assedio, e molto travagliata perchè favoriva le parti degli Ateniesi. È incerta poi l’epoca nella quale cominciò a dirsi Eraclea, pretendendo alcuni scrittori che ai tempi di Tolomeo avesse già un tal nome, e portano a conferma della opinione loro un passo di questo autore ove si legge: Pirinthus, sive Heraclea; ma da altri si risponde che le ultime due parole (sive Heraclea) collocate da principio nel margine ad illustrazione, venissero in processo di tempo sconsigliatamente introdotte nel testo. Una seconda opinione ed anche fornita di maggiore probabilità è quella che ciò accadesse dopo l’imperio di Severo e de’ figli suoi, trovandosi in un nummo Mediceo dato in luce dallo Spanemio la leggenda: Επιδημία Β. ζινρον Περινθιων Νεωχορων; Adventus II Severi Perinthiorum Neocoron; ed in altro di Geta,