Pagina:Opere di Procopio di Cesarea, Tomo II.djvu/427

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LIBRO SECONDO 403

rono l'ancora. Lo scriba allora sentendo Belisario in Cartagine vi spedì alcuni de' suoi, ammonendoli che pervenuti nella città rifuggissero in un tempio, e da quivi a suo nome, senza però dire ove si fosse, dichiarerebbero al Romano ch'egli custodiva i tesori di Gilimero e ch'era pronto a fargliene la consegna quando riportato avesse la certezza di poter quindi partire libero e con tutti i proprj averi. Belisario lietissimo della nuova e piegando generosamente alle istanze di colui mandò subito a pigliarne il possesso, lasciandogli, secondo il patto, la facoltà di mutar cielo con quante, e non poche, delle cose fidategli e' seppe furbescamente sottrarre.


C A P O V.
La Sardegna, la Corsica, la mauritana Cesarea, il forte Settense, le isole Ebuso, Malarica e Minorica assoggettate nuovamente all’Imperio Romano. — Belisario domanda ai Goti il promontorio Lilibeo. — Sua lettera e risposta di essi.

I. Dopo queste faccende Belisario tornato in Cartagine comandò a tutti i Vandali che si disponessero alla partenza, dovendo al venir di primavera essere tradotti in Bizanzio. Cominciò di poi a riordinare l’ esercito per togliere ai barbari quanto possedevano ancora di pertinenza romana, al qual uopo inviò di subito Cirillo con la testa di Zazone e con forte schiera nella Sardegna, rifiutandosi quelli isolani, timorosi dei Vandali e non